Recenzione de Lo Sciacallo, di Luca Nardi
Lo Sciacallo - Nightcrawler
USA, 2014
“Lo Sciacallo” è un film di formazione che racconta la scalata di un misterioso e solitario giovane verso il mestiere di operatore di riprese per telegiornali locali.
Grazie ad una sceneggiatura semplice e sviluppata in un continuum lineare senza flashback o riallacciamenti al passato, il film risulta capibile fin dalla prima visione.
Pochi dialoghi essenziali per lasciare spazio ai molteplici sguardi di un Jake Gillenhaal ammaccato e dimagrito di 10kg per la parte del povero psicopatico Lou Bloom. Il film ruota attorno al personaggio sfaccettandolo completamente e rilevando ogni singolo carattere e modo di fare (perciò serviva un grande attore come Jake Gillenhaal). Le risate, le posizioni delle mani e la mentalità effimera e decisamente crudele del protagonista sono tutti caratteri perfettamente incarnati da Gillenhaal, rendendo così il proprio personaggio inquietante e, certe volte, lontano dallo spettatore per via della sua ignota identità (infatti non sappiamo dov’è nato o da dove viene o come ha vissuto gli anni passati).
Dunque è l’attore a fare da padrone, e non di certo la regia o la sceneggiatura pur avendo, quest’ultima, ricevuto una nomination a Migliore Sceneggiatura Originale agli Oscar2015, scritta da Dan Gilroy nonché regista del film.
Mostrare come negli Stati Uniti d’America sia facile cercare il proprietario della macchina tramite la ricerca della targa in un comune PC o come sia semplice trasformare un ristorante di città in un saloon del Far West tramite sparatorie che vedono impegnati malavitosi versus poliziotti rende “Lo Sciacallo” un lungometraggio americano al 100%, nascondendo così ogni sorta di assimilazione al nostro ‘vecchio continente’.
Se si vuol trovare una morale nel film possiamo concludere dicendo che la spettacolarizzazione della vita, da parte dei reporter e dei telegiornali, è sempre più vivida e influente… dopo tutto Fellini lo raccontava già nel 1960 con “La Dolce Vita”.