E il naufragar m'è dolce in questo mare...
Articolo di Lorenzo Gonnelli.
In questo pomeriggio di pioggia, aspettando la Pasqua, volevo fare ciò che mi ero promesso di fare. Dopo aver visto "Il giovane favoloso" per ben due volte, e avendone colto la bellezza e la sua essenza sublime, vorrei commentarlo e condividere con voi ogni singola emozione che mi ha fatto provare. Complimenti alla regia; Mario Martone ha realizzato più che un film, una poesia. Non è la solita fiction televisiva, e non ci annoia con la solita biografia raccontandoci vita, morte e miracoli del protagonista. Tutti si ricorderanno di aver studiato, anche se non in modo approfondito, Giacomo Leopardi, di Recanati, lo Zibaldone, La Ginestra, e il Sabato del Villaggio, che alle scuole medie mi sono dovuto imparare a memoria. Il personaggio che ci hanno sempre mostrato a scuola, nella sua inettitudine, nella sua immoralità, rivoluzione e il suo pessimismo ridondante verso la vita e la natura stessa, non è proprio quello vero, ma sempre un po' caricato di stereotipi talvolta forzati. Di certo, Leopardi non era un uomo gioioso e comico, dato il periodo storico e le sue problematiche anche fisiche, che lo portano a convivere con la gobba e la deformazione delle ossa.
Quando lo vidi la prima volta alla 71 ^ Mostra del Cinema di Venezia, rimasi rapito dalla bellezza e dalla poesia che questo film ha saputo trasmettermi. Un film che non si limita a raccontare, ma a dipingere e filosofare sull'esistenza umana, percorrendo la strada del pessimismo cosmico leopardiano. Una mescolanza di immagini spettacolari, grazie all'ottimo lavoro della fotografia di Renato Berta, che racchiude Leopardi e la sua vicenda all'interno di un quadro, dove anche i tempi più duri e drammatici diventano un piacere per lo spettatore. Complimenti anche quindi, all'ottima ricostruzione storica: dall'elaborazione dei costumi, alla scelta delle location, (Recanati, Firenze e Napoli).
L'interpretazione di Elio Germano nei panni di Giacomo è la "ciliegina sulla torta" in un capolavoro firmato Italia. Martone, ha saputo dare un "volto" alle poesie del poeta, facendoci vedere l'infinito al di là della siepe; la Natura, che rappresentata da un colosso, parla col poeta, possiede il volto della madre non tanto amata. Il dialogo con la Natura è un dialogo diretto anche con la "perfida" madre che fa vivere a Giacomo una vita che non ha voglia di vivere. Leopardi ha voglia di conoscere il mondo, cercando così di abbandonare la "gabbia" di Recanati. Nel periodo napoletano, torna a dialogare con la Natura, stavolta descrivendoci la Ginestra, che vive e cresce sulle pendici del Vesuvio, altro elemento di potenza che sa e può distruggere l'uomo e i suoi limiti. Un soggetto veramente interessante, che non stanca mai chi ne è spettatore, ma che anzi, riesce a catturarlo e renderlo partecipe. Anche la colonna sonora è azzeccatissima e sa cogliere lo spirito delle varie scene.